Il design fa paura?
Confesso di non essermi mai posto la domanda, non prima di aver letto ieri l'affermazione in un articolo di alcuni mesi fa che mi era sfuggito. L'autore è una designer americana piuttosto quotata e che in altri articoli ho avuto modo di apprezzare per spunti di discussione molto arguti, spesso anche critici verso le professioni del design.
Lei afferma testualmente "People are scared of ‘design’" che come espressione è più forte della paura, è proprio terrore. E la ragione del terrore, specialmente tra chi in azienda occupa posizioni che hanno "business" nella job description, è imputabile secondo lei soprattutto a due fattori combinati: il ricordo traumatico delle materie artistiche della scuola superiore ed il rifiuto di tutto ciò che non è in qualche modo gestibile e risolvibile con fogli di calcolo e righe di codice.
Conosco la scuola americana dai racconti di molti amici e colleghi ma non abbastanza da poter dire se questa "paura" possa davvero essere dovuta a queste ragioni, però, certo, una parte di verità la intravedo. Anche in Italia, molto meno in nord Europa, c'è ancora una percezione errata del design e delle molte professioni legate al design (c'è un bel lavoro del governo inglese che trovate facilmente googlando "types of design" che le descrive quasi tutte), percezione che probabilmente guida le scelte di molti "non-designer" e che può spiegare la ragione di una così bassa adozione del Design - sì, con la "D" maiuscola - in molte aziende ed organizzazioni ed i moltissimi progetti. Ovviamente parlo di situazioni nelle quali ce ne sarebbe un disperato bisogno, perché con fogli di calcolo e righe di codice da soli non si arriva a soluzione.
"Nel caso, dopo", "Se c'è budget", "Prima pensiamo al business", sono frasi che ho sentito anche di persona in molte riunioni, specialmente riunioni preliminari con clienti con problemi seri da risolvere su rami d'attività che non producevano risultati o prodotti/servizi che nessuno voleva comprare, per dirla tutta. In quei frangenti - l'ho imparato negli anni - si deve stare effettivamente molto attenti ad usare la parola design ed a qualificarsi come designer: meglio parlare di consulenza aziendale e qualificarsi come consulenti. Più generico, più soft, più rassicurante per l'interlocutore, meno "creativo". Poi, dopo, a risultato ottenuto, magari si possono sfoderare orgogliosamente termini e qualifiche.
Alessandro Nasini
CEO/Head of Design